Cronaca del processo agli indipendentisti catalani / 9

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Osservatorio settimanale
13/04/2019 – di Elena Marisol Brandolini
CRONACA DEL PROCESSO AGLI INDIPENDENTISTI CATALANI / 9
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Nona settimana del processo all’indipendentismo catalano, che precede l’inizio della campagna elettorale per le elezioni politiche del prossimo 28 aprile.
Sul banco dei testimoni passano una decina di appartenenti della Guardia Civil che, avendo preso parte agli interventi dell’1 di ottobre nei seggi elettorali, lamentano aver riportato alcune lesioni fisiche. Ma è soprattutto il turno della Policía Nacional, che il giorno del referendum intervenne nei vari distretti di Barcellona o in alcuni dei seggi situati a Girona e Lleida, quelli in cui si registrò un alto numero di feriti tra i cittadini per effetto delle cariche della polizia. Famosi per questa brutalità sono diventati, tra gli altri, i seggi degli istituti scolastici Pau Claris, Mediterrània, Escola Pia, Jaume Balmes, Ramón Llull, Joan Boscà, Pau Romeva, Joan Fuster.
Il racconto degli oltre 30 poliziotti ascoltati dalla Corte è sempre abbastanza uniforme nel denunciare l’atteggiamento ostile e violento dei manifestanti per impedire l’attuazione del mandato giudiziario e nel segnalare l’assenza di collaborazione dei Mossos, quando non la aquiescenza con la popolazione mobilitata ai seggi. Si tratta per lo più di poliziotti che predisposero le relazioni sull’accaduto nei vari distretti della capitale catalana, appartenenti alla polizia giudiziaria con il mandato di requisire le urne e il materiale referendario (sostenuti in questo compito dalle unità di ordine pubblico) o con funzioni di intelligence, in vigilanza all’esterno dei seggi per controllare la situazione.
Si scopre che quel giorno le polizie fecero a gara nello spiarsi reciprocamente: poliziotti spagnoli in borghese che osservavano i movimenti di poliziotti catalani senza uniforme che osservavano le mosse di poliziotti spagnoli mimetizzati. Si conferma, inoltre, che la Policía Nacional si servì di infiltrati tra i manifestanti e che l’intervento nei seggi era stato pianificato indipendentemente da un dispositivo di cooperazione tra le tre polizie.
L’accusa popolare di Vox insiste nel chiedere se ci fossero dei leader ad organizzare la mobilitazione ai seggi elettorali, ma sempre di più appare chiaro che l’1 di ottobre fu un atto di disobbedienza popolare auto-organizzato, che neppure l’intervento del Governo catalano avrebbe più potuto fermare. L’Avvocatura dello Stato s’interessa invece costantemente del ruolo dei Mossos, per dare sostanza all’accusa di sedizione mentre la Procura generale propone spesso ai poliziotti domande in cui è implicita la risposta.
Gli addetti del corpo nazionale della polizia spagnola parlano di “resistenza di carattere sovversivo”, raccontano di insulti, di lancio di oggetti, di uso di ombrelli per attaccare (quel giorno a Barcellona pioveva). Descrivono la “massa” che impediva loro il passaggio, l’aggressione ai veicoli, l’abbattimento delle porte delle aule nelle scuole come inevitabile, la necessità di sparare a salve per farsi spazio. Individuano un nuovo concetto, quello della “barricata”, montata su con il mobilio scolastico per rallentare l’entrata delle forze dell’ordine. In generale affermano di non aver osservato, quel giorno, lesioni in danno dei cittadini convenuti.
Ma le notizie sul processo, questa settimana, sono anche fuori dall’aula giudiziaria: si possono leggere sul giornale spagnolo El Diario e quello inglese The Times, che riferiscono di una relazione firmata da Sir Hugh Orde e Duncan McCausland, alti funzionari della polizia britannica con oltre 30 anni di esperienza, proposta come prova dalla difesa di Jordi Cuixart e respinta dal Tribunal Supremo. I due funzionari contestano la versione fornita dalla Guardia Civil sui fatti del 20 settembre, davanti alla sede del Dipartimento di Economia a Barcellona: «Le valutazioni dei video registrano normalmente un ambiente di calma nell’edificio durante tutto il giorno ‒ sostengono ‒. Si vedono gli agenti della Guardia Civil e dei Mossos d’Esquadra, insieme agli impiegati, entrare e uscire dall’edificio normalmente attraverso l’entrata principale. […] Si vede una moltitudine che può descriversi come pacifica, per quanto rumorosa». Con riferimento all’1 di ottobre, poi, i due funzionari scrivono: «Ci sono immagini perturbanti di un uso indiscriminato della forza e di un comportamento violento da parte di agenti della Guardia Civil e della Policía Nacional ingiustificabili e sproporzionati rispetto alla minaccia esistente».
L’altra notizia del processo fuori del processo è quella della conclusione dell’istruttoria del Tribunale n. 13 di Barcellona sul referendum del 1 ottobre, da cui ebbe inizio la macro-causa contro l’indipendentismo catalano. Rinviati a giudizio sono una trentina di alti funzionari della Generalitat e i direttori della televisione e della radio pubbliche catalane, per i reati di disobbedienza, distrazione di fondi pubblici, falsità documentale, rivelazione di segreti e prevaricazione.
Alle prossime elezioni di aprile e a quelle di maggio, sei degli imputati accusati di ribellione, in carcerazione preventiva da oltre un anno e attualmente sotto processo, si presentano come capi-lista dei rispettivi partiti. Hanno perciò chiesto di essere messi in libertà per poter fare la campagna elettorale a parità di condizioni con gli avversari. Il Tribunal Supremo, peraltro, ne ha respinto la richiesta, perché i presupposti per la privazione della libertà «continuano ad operare e lo fanno con particolare forza considerando il momento in cui si trova il processo”.

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