Barcellona, il giorno dopo

 Oltre Il Ponte   02.10.2017
Lunedì mattina 2 ottobre, il giorno dopo il referendum per la nascita della repubblica catalana.
1.10.17
“Mi ha dato una spinta, ma il figlio di Pepeta mi ha tenuto in piedi, mi ha fatto spostare e in quel momento, Manel si è preso dal guardia un cop de porra sulla schiena. Dolentissims! (cattivissimi, n.d.r.)”. La porra, ovvero il manganello nero che usa la Brigada Antidisturbis della Guardia Civil, quando arriva fa male, ti può rompere un osso. Il livido è assicurato. Gemma lo racconta a Dolors, la sua vicina, con la quale nel grande quartiere dell’Eixample, praticamente tutte le mattine prende un tallat, un caffè macchiato. e condivide un xuxo, una bomba calorica che assomiglia ad un krapfen allungato. Sono al bar del Mercat del Ninot, uno dei tanti mercati di quartiere della Barcellona del Novecento, che hanno resistito alla grande distribuzione e che sono, quotidianamente, il luogo sociale per eccellenza delle persone più anziane. “Has tingut sort, son uns malparits”, sei stata fortunata, e sono dei figli di…, risponde Dolors, replicando che Geroni, suo cognato, si è portato a casa “due punti dietro ad un orecchio”.
Storie così per le famose paperetes, le schede, e le urne da sequestrare, tanto vituperate dal governo di Rajoy, il giorno del referendum se ne sono raccontate a centinaia. Anzi quasi novecento, secondo il numero dei referti dei pronto soccorso degli ospedali catalani, con un signore di Lleida messo male a causa di un attacco cardiaco, e un paio di feriti per essere stati colpiti da proiettili di gomma, proibiti tra l’altro in Catalunya.
Le tv di tutto il mondo hanno raccontato le stesse cose e le immagini hanno dato un significato preciso all’intera giornata.
Ma il giorno dopo Barcellona si ripresenta come sempre, placida, piena di turisti, con le attività in corso, coi mercati pieni di Gemme e Dolors che fanno la spesa e che vivono con la stessa serenità con cui hanno affollato le code dei seggi. In pace e subendo una brutale aggressione.
I catalani ormai da anni stanno dimostrando al mondo intero che si possono difendere caparbiamente le proprie idee anche senza reagire con violenza, pronti a riscendere nelle strade per il grande sciopero generale di martedì 3 ottobre.
repressió Bcn
Sul fronte dei dati, che ovviamente sono commentati in modo diametralmente opposto da Barcellona e da Madrid, ci sono numeri abbastanza precisi: quasi 2,3 milioni di votanti, intorno al 42 per cento degli aventi diritto, quasi 800mila tra voti sequestrati e aventi diritto nei seggi in cui si è impedito totalmente il voto, quasi il 90 per cento di si.
Emerge una volontà chiara, il raggiungimento di un quorum non è previsto in questi casi, che ribadisce il concetto ampiamente maggioritario a favore dell’indipendenza delle ultime due tornate elettorali, ovvero quella della consultazione popolare del novembre 2015 e quella delle elezioni autonomiche che hanno dato alla Catalunya l’attuale governo.
E ora? Il Parlament de Catalunya ha indicato una strada approvando leggi precise anche sulla disconnessione in caso di vittoria del si al referendum. E Madrid, dal canto suo, che minimizza e sottolinea “l’azione impeccabile” delle sue forze dell’ordine, non intende sedersi a nessun tavolo con i “delinquenti”. In città polizia spagnola in giro non se ne vede, sono tutti nei traghetti delle compagnie di bandiera italiane, ancorati in porto. Si vedono solo piccole pattuglie o coppie di mossos d’esquadra, ovvero gli agenti catalani per Madrid traditori, per il popolo da proteggere e sostenere in modo affettuoso. In due parole, come titola il quotidiano Ara, “Vergogna e Dignità”.
Luis Cabasés

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