Raül Romeva : "Andremo al referendum, anche se Madrid non vuole"

Il “ministro degli Esteri” della Catalogna: “Voto entro settembre sull’indipendenza dalla Spagna. Abbiamo il diritto di decidere il nostro futuro”

Raül Romeva (1)
Raül Romeva

Omero CIAI   La Repubblica   09.03.2017
“IL REFERENDUM sull’indipendenza della Catalogna vorremmo farlo con lo Stato spagnolo, come è stato per la Scozia con il governo di Londra. Potremmo concordare tutto con il governo di Madrid, anche la data e la formulazione della domanda referendaria. Questa è la nostra priorità ma se continuano a negare il nostro diritto a decidere il futuro attraverso un referendum, abbiamo un mandato chiaro, quello dei cittadini che ci hanno votato e il voto sull’indipendenza ci sarà comunque entro settembre di quest’anno”. Raül Romeva, 46 anni, economista, professore e politico ecologista, è il “ministro degli Esteri” del governo catalano, e aggiunge che il referendum si svolgerà anche nel caso in cui fosse proibito da una sentenza del Tribunale costituzionale di Madrid. “L’Alta Corte non gode della nostra fiducia perché le sue sentenze sono ideologiche. Non si tratta di una questione legale, il Tribunale si oppone a tutto ciò che va contro gli interessi di chi sta al governo nazionale in questo momento”.
Dunque entro settembre convocherete il referendum costi quel che costi anche dal punto di vista giudiziario?
“Sì, certo. Farlo è il mandato democratico che ci hanno dato gli elettori”.
Avete qualche speranza che Madrid nei prossimi mesi accetti un accordo?
“Speranze poche. Sono anni che speriamo che capiscano che in Catalogna c’è un problema politico e di dignità nazionale. Però abbiamo appena fatto al governo Rajoy la nostra ultima offerta. Abbiamo detto: sediamoci intorno a un tavolo e discutiamo insieme”.
La Ue sostiene che quello catalano è un problema interno spagnolo. E non avete avete avuto finora appoggi importanti da altri Paesi europei alle vostre rivendicazioni. Non vi sentite un po’ isolati?
“No, perché è normale che l’Europa preferisca conservare lo status quo. Però nessuno in Europa ha detto che non possiamo votare. In Scozia è già successo”.
Ma Lei ha anche detto che l’Unione non può chiudere gli occhi di fronte alla questione catalana?
“L’Europa non può chiudere gli occhi sulla Spagna. C’è un problema di credibilità democratica di uno Stato dell’Unione che preferisce la via della persecuzione giudiziaria di una volontà legittima come la nostra, piuttosto che la via del dialogo”.
La Catalogna è pronta per diventare un nuovo Stato?
“Siamo il 20% del Pil spagnolo e il 34% dell’export. L’80% delle multinazionali straniere in Spagna hanno sede in Catalogna. Vogliamo decidere in autonomia molte cose ma non ne abbiamo gli strumenti.
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